Gregorio Palama, nato nel 1296, primogenito di una grande famiglia di Costantinopoli, compie degli studi solidi e brillanti, specialmente di filosofia. All’età di vent’anni abbraccia la vita monastica e si stabili nel Monte Athos per vivere una vita di ascesi e di preghiera, ma rimane in rapporto con diversi gruppi spirituali di Tessalonica. Dal 1338 e coinvolto in una controversia con il filosofo greco Barlaam (1290-1348) di Calabria, polemica che avrà un’importanza fondamentale per la teologia e spiritualità bizantina. La Chiesa Ortodossa festeggia questo san padre nella seconda domenica della Quaresima, chiamata “Domenica di Gregorio Palama” e nel 14 novembre.
La spiritualità della trasfigurazione che ha nel centro “la luce taborica ”costituisce un tema molto importante nella vita contemplativa, un tesoro immenso che riguarda la luce interiore e la vita illuminativa nell’esperienza mistica ortodossa. La dottrina palamita delle energie divine increate è collocata al centro di un’antica tradizione di vita, di pensiero, di santità e ha le sue basi in una profonda esperienza spirituale. Questa teologia è stata formulata e sintetizzata nel XIV secolo dal l’arcivescovo di Tessalonica, San Gregorio Palama e rimane una verità dogmatica dalla Chiesa Ortodossa. Le energie divine increate esprimono la possibilità all’uomo di una comunione reale con Dio, corpo e anima, che lo apre alla vita eterna. Le energie sono una diffusione personale della vita divina nel nostro spazio temporale, sono come i raggi di sole. I raggi sono distinti dal sole, e tuttavia sono inseparabili dalla loro sorgente. La stessa cosa avviene con le energie divine increate, sono eterne, di natura spirituale, sono la vita di Dio in noi. Pietro, Giacomo e Giovanni, testimoni oculari della trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor, abbiano visto, in effetti, la luce increata di Dio.
I monaci bizantini, chiamati esicasti, utilizzavano e utilizzano un metodo di preghiera molto antico, con radici certificate nel IV e nel VI secolo, chiamata preghiera di Gesù: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. Per i monaci ortodossi la luce di Tabor era un’esperienza e la manifestazione delle energie divine increate nell’uomo.
Nell’iconografia cristiana la realtà della santità di un personaggio, della sua trasfigurazione, si vede nell’aureola o nel nimbo, che è un alone di luce che ne avvolge la testa o il corpo del santo. I nimbi dorati dei santi e i profili aureolati delle pieghe delle loro vesti rappresentano irradiazione di questa luce, da parte dei loro corpi spiritualizzati; la luce taborica è nei loro corpi, questa luce è la luce de mondo futuro.
Padre Pompiliu Nacu